Torno a praticare dopo più di 10 anni dall’ultima volta che ho frequentato con la stessa insegnante Barbara. Sono felice come un bambino davanti ad un negozio di giocattoli!
Mi bastano poche lezioni per riappropriarmi della tecnica, rispolverare i vecchi movimenti. Alcuni mi hanno seguito fedelmente durante questi lunghi anni e sono stati i miei fedeli compagni di viaggio nei momenti più difficili. Partecipare alle lezioni è sempre un piacere, mi precipito di corsa dopo il lavoro, a volte arrivando anche in anticipo felice di tuffarmi in quel gruppo, felice di condividere dei momenti così intensi di comunione pur essendo completamente e comodamente sprofondata in me stessa.
E allora spariscono i malumori, stanchezza, preoccupazioni, tutto scorre via e rimane solo una sensazione di benessere e di conforto.
Poi quando si entra nel vivo del percorso, dopo i primi mesi di assestamento cominciano a dolermi le gambe, una sensazione di fastidio incontrollabile a volte con forti tremori.
Cerco varie posizioni per alleviare quella sensazione e trovare un rimedio: mi danno fastidio quelle stupide gambe che si mettono a fare i capricci proprio sul più bello!
Allora mi concentro fortemente su di loro. Le ascolto, comincio seriamente a prenderle in considerazione…
Comincio a “sentirle”, a “sentirle mie”, come qualcosa che mi appartiene, che mi è utile, qualcosa di mio su cui posso contare, su cui mi posso poggiare, a cui mi posso “affidare”.
Sono loro: le mie gambe. Sono lì apposta per sostenermi. Sono perfettamente in grado di “camminare con le mie gambe”.
Quello stesso giorno la mia insegnante mi fa notare che ho fatto un grande cambiamento e che la mia postura e la mia “energia” sono cambiate notevolmente.
Ecco cos’era. Avevo bisogno di ritrovare la fiducia in me stessa.
L’avevo perduta e non me ne ero nemmeno accorta!
Testimonianza di Daniele Messere
Nella testa è tutto un gran fiume, pieno di acqua, che scorre e porta con sé le gioie, le paure, le angosce, le soddisfazioni.
Se provo a concentrarmi su un solo punto del fiume, se provo ad afferrarlo, a fermarlo per conoscerlo provo la frustrazione di chi vuole portare a termine un’impresa impossibile. Ma, se ci penso, a che serve fermare quel fiume? Di certo non lo conoscerò meglio, una volta fermo; non sarà un secchio d’acqua sporca a parlarmi della sua forza e della sua grandezza.
Da sempre provo a portare a termine un’impresa impossibile.
Ma voglio provare a guardare il fiume nella sua interezza perché così mi appare pacifico, solido, giusto.A rinunciare a fermarlo.
Nei movimenti precisi del Taiji intravedo una libertà piena e vigorosa; quei movimenti riescono, per qualche istante che si allunga sempre di qualche istante in più, a liberare la mia mente e a mostrarle la grandezza del mio fiume, del fiume di tutti.
So che posso riuscire a smettere di misurarmi con la mia impresa impossibile, che posso smettere di cercare di fermare il fiume e che va bene anche stare a guardarlo, che questo non mi rende meno forte e che posso stargli accanto a respirare e a danzare con lui.
Testimonianza di Francesco Picciotti