LA PRATICA
Quando si inizia a frequentare un corso di Taiji (si legge taici), si pensa spesso di dover apprendere una serie di esercizi, movimenti, passi; l’impegno e l’attenzione sono rivolti ad imparare e ricordare, a valutare la propria rigidità o flessibilità, la coordinazione, la memoria…
In sostanza, ci si concentra sull’aspetto esteriore e attivo, sul “fare”.
La pratica del Taiji, invece, è un’esperienza interiore. La lezione è un’occasione per sperimentare sensazioni nuove, per abituare il corpo a conoscerle, apprezzarle e saperle ritrovare anche da solo.
Il corpo ha una memoria innata, antica, che cerca spontaneamente il benessere, l’equilibrio e l’armonia. Così come avviene per tutti gli altri esseri del pianeta, dagli animali alle piante, anche in noi questa memoria non smette mai di cercare la strada per realizzare la salute e il benessere, la sopravvivenza e l’appagamento.
Più che “insegnare” qualcosa di nuovo, quindi, il Taiji mira a liberare da ciò che impedisce la connessione con la saggezza del corpo, per lasciar riaffiorare la sua vitalità spontanea, la sua capacità di trovare autonomamente e naturalmente la strada verso il benessere.
Quando si trova la strada, si ha una sensazione nota a chiunque abbia vissuto questa esperienza: tornare a casa, ritrovare qualcosa che sembrava di aver perso e invece era lì da sempre.
Il Taiji è un modo diverso di sentire il corpo, una strada verso la percezione della propria energia interna, la scoperta di un luogo personale e silenzioso dove poter incontrare in pace se stessi e vivere attimi di tranquillità e benessere.
Tutto quello che si fa durante la lezione è, in ultima analisi, un espediente per arrivare a questo. Scioglimenti, esercizi di Qi Gong, i fondamentali per la circolazione dell’energia, la forma, sono come pietre solide e stabili che formano un sentiero. Un percorso che ci conduce a noi stessi, alla nostra
energia, al nostro benessere.
I valori di noi Occidentali sono incentrati sul “fare”, su efficienza, velocità, prestazione. A volte sono come uno zaino pesante che ci portiamo sulle spalle lungo il cammino verso le nostre sensazioni, verso
l’ascolto e comprensione del linguaggio del nostro corpo, verso la nostra energia autentica.
Il Taiji affonda le sue radici nella Cina antica, dove si sviluppò una scuola di pensiero incentrata sul contatto e l’armonia con la natura, dove trovare l’equilibrio e il benessere all’interno di se stessi era riconosciuto come il valore fondamentale.
La parola “Taiji” ne è l’essenza. Scoprire cosa significa e come è nata questa pratica potrà forse aiutarci ad alleggerire il nostro zaino, per procedere con meno fatica e leggerezza.
LA TEORIA
Il Taiji, modello energetico dell’universo
Intorno al VI-IV secolo a.C. si sviluppò in Cina una scuola filosofica basata sull’osservazione della natura, il taoismo. I primi filosofi taoisti “si ritirarono in regioni selvagge, tra monti e foreste, per meditare sull’ordine della natura e per osservarne le innumerevoli manifestazioni” (J. Needham. Scienza e Civiltà in Cina. Vol. II). I loro templi si chiamavano “kuan”, ovvero “osservare”, centri di osservazione della natura.
Questi antichi filosofi naturalisti ed eremiti (i fondatori della scuola furono Lao-tzu e Chuang-tzu) individuarono un principio di base, uno schema costante che sintetizzava le caratteristiche principali dei fenomeni osservati, ovvero il flusso ed il mutamento, e lo chiamarono “Tao”, la “Via”, la modalità della natura.
Compresero inoltre che il meccanismo specifico attraverso il quale si esprimevano il flusso ed il mutamento del Tao era l’interazione dinamica di due opposti e complementari, Yin-Yang (in origine rappresentavano il lato in ombra ed il lato assolato di un campo).
Queste due modalità dell’universo divennero il modello di tutte le altre coppie che si alternano e si combinano per permettere ed esprimere la vita nei suoi vari aspetti: sole-luna, quiete-movimento, Terra-Cielo, femminilemaschile…
Considerando lo Yin come l’aspetto denso, umido, basso delle cose, la ricettività – la materia, la massa – lo Yang corrisponde alla qualità luminosa, leggera e calda; alla forza, all’azione trasformatrice, all’impulso che suscita la rotazione dei corpi celesti ed il movimento.
La combinazione e alternanza dei due opposti Yin-Yang rappresentava il modello di base, il principio che governava la volta celeste così come lavita sulla Terra, chiave interpretativa di ogni aspetto dell’esistenza. Salute, saggezza, prosperità divennero sinonimi di comprensione e rispetto del modello naturale del Tao, realizzazione spontanea e libera del suo flusso e del suo mutamento.
Il re era colui che, più di ogni altro, si era dimostrato in grado di realizzare il Tao: l’ideogramma che lo rappresenta si scrive con tre linee orizzontali – il cielo sopra, gli esseri umani al centro, la terra alla base – collegate da una linea verticale, l’armonizzazione ed unione del tutto.
Come evidenziato da Fritjof Capra nel suo libro “Il Tao della fisica” (Adelphi ed.), la visione del mondo taoista è sorprendentemente vicina ai principi fondamentali della fisica moderna: la meccanica quantistica, la teoria della relatività e il mondo delle particelle subatomiche. Il principio degli opposti complementari si ritrova inoltre nel pensiero mistico e spirituale delle principali tradizioni culturali.
In Occidente venne individuato da Eraclito, il quale scriveva: “Il dio è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame”. Questo principio venne rappresentato graficamente dal simbolo del Taiji, il “diagramma del grande polo”.
Il Qi Gong ed il Taiji Quan sono pratiche antiche che mirano a realizzare il Tao attraverso l’equilibrio degli opposti yin-yang, ovvero il Taiji, all’interno di se stessi con l’aiuto di movimenti, respirazioni e
consapevolezza.
Alcuni dipinti su seta, rinvenuti durante gli scavi archeologici nelle tombe di Mawangdui, in Cina, risalenti al II sec. a.C., raffigurano gli antichi movimenti praticati per la salute (allora chiamati “Dao Yin”). Espressione di una profonda conoscenza delle caratteristiche e necessità fisiologiche e strutturali dell’organismo umano, sono gli antenati del moderno Qi Gong.
Buttare fuori l’aria vecchia, respirare quella nuova, muovendosi come l’orso, allungandosi come si tendono ali di uccello non è altro che l’arte della longevità e lo scopo di coloro che praticano il dao-yin
(Zhuang Zi, cap. 15)
La parola Qigong è scritta da due caratteri: “Qi” è l’energia che pervade tutti gli aspetti vitali della natura.
Una mattina in montagna è ricca di Qi, la brezza che soffia da un mare pulito è densa di Qi, un bosco, la vetta di una montagna, una verdura ben coltivata e appena raccolta, un frutto fresco…
Gong è il lavoro quotidiano necessario a “coltivare” e sviluppare il proprio Qi in modo da acquisire e “risuonare” con il Qi dell’universo.
Il Taiji Quan si scrive con i caratteri di “Taiji”, il grande polo, il principio che regola i moti dell’universo, e “quan”, pugno.
Il Taiji Quan è una forma di Qi Gong in movimento.
E’ infatti attraverso il lavoro sul Qi di una millenaria tradizione, che l’energia potrà essere utilizzata a fini marziali o come una benefica ed emozionante danza di connessione con il cosmo.
La prossima lezione scopriremo su quali criteri fondamentali si basa il Qi Gong per realizzare l’equilibrio e l’armonia del Taiji.