Il Dao, o Tao, è la “Via”, il cammino. Una guida scritta millenni fa e che ancora accompagna tanti viaggiatori. Di poche parole, invita al silenzio e all’ascolto.
Suggerisce di portare bagagli leggeri, per camminare con semplicità e libertà. Consiglia di prendersela comoda, di dimenticare la fretta e l’urgenza di arrivare e ricorda che non è necessario varcare la soglia di casa…
Ma allora che viaggio è? E’ un viaggio alla scoperta di noi stessi! La guida indica le tappe del viaggio con chiarezza, per aiutare a rimanere sulla “Via”.
La prima tappa è trovare il proprio “centro” e il luogo di questa ricerca è il nostro corpo. E’ attraverso la ricerca dell’equilibrio, degli appoggi a terra, della postura, del respiro che entriamo in contatto con questo luogo interiore. Quindi la guida suggerisce di imparare a scendere fino nel profondo del cuore, per trovare e comprendere la propria natura. Si, perché la “Via” non è uguale per tutti. Non chiede di conformarsi e “copiare” modelli prefissati. Insegna a scoprire e comprendere la propria “natura” per rispettarla e lasciarla esprimere. E di nuovo sarà il corpo il territorio del viaggio. Le sue sensazioni, il suo modo di muoversi, i percorsi in salita e quelli in discesa… ognuno disegnerà la sua mappa personale… Questa guida antica propone un viaggio affascinante e sorprendente… che conduce in un luogo antico, caro e prezioso. La nostra casa interiore, il nostro corpo, il nostro cuore. Un luogo di benessere, tranquillità e salute.
Noi nasciamo saggi, secondo il pensiero cinese antico (e non solo). Poi ci perdiamo crescendo. Piano piano, modellati dall’educazione e dalla società, ci allontaniamo dalle nostre emozioni, da quello che sentiamo, dalla capacità del nostro cuore bambino di pulsare al ritmo delle nostre esperienze. Nella gioia e nel dolore.
Il corpo non mente, si dice, e il corpo non si lascia educare così facilmente; mantiene sempre in qualche modo un filo che lo unisce al cuore, laggiù.
Questo, però, ha un prezzo: la separazione. Piano piano ci separiamo da noi stessi. Ci separiamo dalla nostra radice, dall’unica fonte sicura e in grado di indicarci la strada giusta. Ci esiliamo. E sopraggiunge allora la tristezza. “Tristezza” si scrive in cinese con un carattere composto dalla parte fonetica “fei”, particella di negazione (rappresentata attraverso due schiene contrapposte, schiena contro schiena… non parlarsi, non essere in relazione) ed il radicale cuore (Fonte: Larre, Rochat de la Vallée, 1994).
Il cuore che si nega, che si rifiuta, ecco l’essenza della tristezza.
Non a caso il saggio in molte tradizioni è tornato ad avere il cuore di un bambino. Ha compiuto tutto il cammino a ritroso. Ha lasciato cadere il pesante bagaglio accumulato: le limitazioni e i condizionamenti che lo hanno allontanato dal suo sentire. E’ tornato a “percepire” il mondo attraverso il suo corpo. E’ tornato a casa. Il saggio “sa”, non conosce. Il suo sapere passa attraverso il corpo, non è un prodotto della sola mente. E’ un sapere olistico che unisce tutte le capacità della persona e rende le scelte semplici: nelle scelte di un “saggio”, che sa riconoscere e “sente” qual è l’unica strada percorribile, non c’è dilemma, non c’è arrovellarsi. “La vera conoscenza, per i taoisti, consiste nello sbarazzarsi di tutto ciò che non è saper vivere (Fonte: Claude Larre, Fabrizia Berera. Filosofia della medicina cinese).
Il Focusing è una tecnica occidentale per fare qualcosa di molto orientale: mettere in contatto e dare voce a quella sapienza olistica che caratterizza i “saggi”, a quella forma di “sapere” che ci indica in modo semplice la nostra “via”. La via del nostro cuore e del nostro corpo. Il viaggio a ritroso verso la purezza del cuore non prevede di ignorare e reprimere ciò che emerge. Come potremmo portare a compimento il nostro destino se non lo conosciamo e non lo troviamo? Forse qualcuno alla nascita ci indica quale esso sia, quale sia il nostro compito, quale la nostra via, il nostro percorso da realizzare?
“La natura rende l’uomo individuo, con un destino particolare, con un compito particolare nel mondo, che solo lui, dotato di quella ‘natura’, può compiere. E in questo consiste la sua felicità: nello scoprirla e nel realizzare il suo destino” (Fabrizia Berera, ibidem).
La questione è talmente essenziale che un punto energetico fondamentale si chiama “Ming Men”, la porta del destino. Come a dire che l’energia è “incarnata”, passa attraverso la nostra biografia, la nostra vita, la realizzazione del nostro destino.
Ascoltando ciò che sperimentiamo, accogliendo con lo stupore e la meraviglia di un viaggiatore la visione semplice e profonda espressa dal nostro corpo e del nostro cuore, ci accorgeremo che tanti nodi considerati insolubili si sciolgono, si trasformano e scivolano via, come acqua, come vento. E la strada che ci separa da noi stessi si accorcia. Diventa sempre più in discesa, più semplice, più familiare. E’ la strada verso casa.
Ecco il viaggio che propongo.
Lo affido alle parole di Carlo Moiraghi: “Fu così che nel tempo via via comprendemmo come il mondo cinese non fosse un carrozzone di esotiche presenze lussureggianti da osservare dal di fuori a bocca aperta, ma come si trattasse invece di un cammino interiore, tutto da vivere dal di dentro, nel centro di se stessi, nel centro esatto del proprio Cuore”.
Barbara Fusco
Lezione 1
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Lezione 3
Lezione 4
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