Gioie e dolori di una praticante
(di Barbara Fusco)
Alpi Apuane, Luglio 1997
Anche questa volta tutto sta per finire.
Il sole non brucia più, un piacevole vento fresco è arrivato a smuovere l’aria ferma e calda del pomeriggio, sulla loggetta stanno bevendo il tè delle cinque e presto inizieranno i preparativi per l’ultima cena.
Anche questa sera mangeremo tutti insieme sul terrazzo con la luna piena che affiora nel cielo ancora striato di rosa e la piccola Venere che occhieggia appena sopra gli alberi. Intorno un grande silenzio, infranto solo dal campanaccio di qualche mucca la pascolo, il nitrito dei cavalli lontani, le rane nel laghetto.
Presto la notte stellata ci avvolgerà tutti ed un altro frammento di vita se ne andrà.
Ma la nostalgia non ha aspettato domani per iniziare a colorare con le sue dolci tinte i ricordi più banali e ci ha voluto fare il dono di queste ultime ore vissute con la consapevolezza di un bel sogno che sta per finire, di un piccolo mondo che si sta per perdere e di cui ancora per qualche istante possiamo godere…
Il grande Albertone che in mezzo a qualsiasi avversità mantiene sempre la sua calma imperturbabile e la su anima pura di bimbo, Albertino con i suoi sogni presaghi e le sue risate viscerali che echeggiano per tutta la valle; Fabione con la sua cultura enciclopedica e il cuore puro; Maya effervescente e solare; il misterioso Glynn delle lontane contrade gallesi, ci sveglia la mattina con la sua voce melodiosa al suono di OM, poi Ben e Khinthitsa, o Kinti per gli amici, che con eleganza e pazienza gestiscono l’invasione della loro casa; Gianna, Cristiano, l’eterea e inglesissima Maggie…
Siamo tutti qui, eterogenei compagni di questa avventura, atomi febbricitanti intorno a lui, il grande nucleo, la grande energia, il Master, come viene confidenzialmente chiamato…
Cosa sarà che mentre faccio Taiji con lui mi rende così felice? Che mi fa sembrare tutto secondario, ininfluente, che mi convince con tanta determinazione e gioia che quella è l’unica cosa che voglio veramente fare nella vita? La più importante, la più bella? Perché quei movimenti delle braccia e delle gambe sembrano non appartenermi più per quanto sono diversi dal solito e mi sembra trasmettano all’aria solo la gioia e la tranquillità del mio cuore? Perché non vorrei più smettere, anche se ho le gambe a pezzi e i muscoli che mi bruciano?
Lui lavora lentamente, un passetto alla volta.
Il primo giorno, come al solito, ero delusa.
Il secondo giorno ho iniziato a faticare e a scoprire che la posizione del mio bacino, che credevo assodata e acquisita, era completamente sbagliata.
Ogni posizione una correzione e bastava un piccolo tocco, un’inclinazione dell’anca leggermente diversa, un po’ più o un po’ meno profonda, perché all’improvviso tutti i muscoli della schiena si rilassassero da soli, senza un comando.
Ma un attimo dopo, tutto era di nuovo perso: l’anca di nuovo storta, il bacino in fuori, la schiena e le spalle contratte. Il corpo scivola da solo nelle posizioni e negli atteggiamenti abituali come se avesse dei binari pieni di olio.
E’ inarrestabile, irrefrenabile. Allora una nuova correzione, poi un’altra, poi un’altra ancora, fino a quando la testa non inizia se non altro a capire quale tipo di lavoro deve far fare al corpo in quella posizione.
Ma anche questo non basta. Se la posizione del bacino è corretta ma la spalla è troppo alzata o la mano troppo piegata, se l’inclinazione del busto non è giusta, se il braccio non è alzato a sufficienza, se una minima cosa è fuori posto, tutto è ugualmente fermo. Se non fosse per l’energia che lui infonde e per la sensazione meravigliosa che si prova in quei rarissimi attimi in cui, sotto le sue mani plasmatrici, ci si avvicina ad una posizione giusta, ci sarebbe davvero di che scoraggiarsi. Ogni volta che studio con lui, il Taiji mi sembra più difficile. Avete presente quella sensazione di beata innocenza nella quale ci si sente quasi bravi e forti? Beh, per usare una sua metafora, in quel caso non si è ancora iniziato neppure a colpire il bersaglio. Le frecce vagano libere nello spazio circostante, indisturbate ed incontrollate. Poi, piano piano, con anni, anni e anni di studio, un passetto minuscolo alla volta, ci si avvicina al centro.Roblox Free Unlimited Robux and Tix
Potete immaginare una forma, una sequenza di movimenti, in cui ogni singola posizione sia perfettamente centrata, la mano non un millimetro più su o giù, non troppo inclinata né troppo poco, le braccia, le spalle, il busto, il bacino, le gambe, le ginocchia, i piedi ed infine, per non dimenticare, gli occhi, tutto in armonia, tutto corretto? Tutto guidato da una mente presente e attenta?
E, come se non bastasse, non ci sono canoni fissi e predeterminati ai quali potersi attenere con il centimetro alla mano. Ogni persona è un microcosmo, ogni posizione ha dei suoi criteri da rispettare, ogni volta è una cosa a se stante. Tutto sempre fluido, relativo, niente di fisso a cui aggrapparsi. L’unico criterio è l’energia e il suo movimento nel corpo, l’armonia del tutto, il centro del Dan Tian. Solo dieci giorni fa un amico mi aveva vista praticare e mi aveva fatto un grande complimento dicendomi, con aria entusiasta, che gli era sembrato di vedermi fusa con gli alberi che avevo intorno. In effetti mi ero sentita bene, fluida, in armonia. Oggi, molto socraticamente, so fino a che punto non so. So che quella fluidità è solo esterna, perché in realtà nessuna, assolutamente nessuna di quelle posizioni è centrata e corretta energeticamente. E so di non aver ancora iniziato a fare Taiji. Credo, infatti, che il Taiji si inizi a fare quando si colpisce il centro.
Quando, come per magia, tutte le parti del corpo si armonizzano, tutti gli eccessi e i difetti si equilibrano e si compie un movimento giusto, che viene “da dentro”, allora l’energia inizia a finalmente a fluire e si può parlare di Taiji.
Nei brevissimi istanti in cui, sotto la guida delle sue mani, ho eseguito dei movimenti che si avvicinavano probabilmente a quel famoso “centro”, ho capito quale sia la differenza. Il corpo non crea più attriti di nessun tipo, non ha più peso, rigidità, tensione. Non è più un impedimento. E’ un involucro leggero attraverso cui, con grande naturalezza, si sente veramente passare l’energia. Come un’acqua fresca che scorre leggera, come sabbia fra le dita.
E il corpo si muove solo per consentire a questa misteriosa sostanza di fluire da una parte all’altra, di passare liberamente, senza attriti o intoppi. Come un tubo in cui scorra dell’acqua, come una clessidra in cui la sabbia cade soffice e leggera. E proprio come nella clessidra o come in un’altalena, solo quando tutta l’energia è passata e la parte interessata è “piena”, il movimento si può considerare finito e allora, lentamente, si spostano i pesi, si ruota il bacino, si fa un passo o si alza un braccio e tutto inizia di novo a scorrere in un’altra direzione. Il pieno diventa vuoto e l’energia passa altrove. Com’è difficile e com’è bello!
E’ un’esperienza mistica, come altro potrei definirla?
E’ un’esperienza alla quale non si vuole più rinunciare, è qualcosa che dà una tale gioia e un tale benessere, che merita tutto il sudore versato, la stanchezza alle gambe, gli anni di dedizione. Proprio oggi mi sono chiesta perché e la risposta l’ho trovata nella parola libertà. L’energia che passa attraverso il corpo scioglie le sue catene, i suoi limiti, solleva quella cappa pesante e invisibile che ci imprigiona e ci apre le porte verso l’infinito, lo spazio, la libertà.
Ormai è quasi ora di cena.
Albertino, Albertone, Glynn e Maggie sussurrano al vento i sei suoni taoisti per la salute e io è ora che vada a raccogliere il tarassaco per l’insalata di questa sera.
Chi sapeva che quelle erbacce che calpestavamo con tanta noncuranza, tagliate finemente e condite con un goccio dell’aceto balsamico di Kinti fossero un piatto così delizioso?
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